Piccarda Donati
Biografia
Figlia di Simone Donati, sorella di Corso e di Forese: appartiene a una delle famiglie non più ricche (non figura, infatti, nel giro delle più note case bancarie e mercantili di Firenze), ma fra quelle di più antica nobiltà e più potenti per prestigio sociale e per legami politici, ma anche fra le più settarie. E’ suora nel convento francescano di Monticelli presso Firenze ma, per volere del fratello Corso, viene rapita dal chiostro – forse nel 1285 o nel 1288. Corso Donati, chiamato il “barone” per la sdegnosa fierezza dei suoi modi, ò a capo della fazione dei Neri e, come tale, nel 1300 viene confinato nella Massa Trabaria. Viene nominato podestà e poi capitano del popolo a Bologna, tra il 1283-1293: in questo periodo si sviluppa la tragedia personale di Piccarda ch’egli dà in moglie a Rossellino della Tosa, suo violento seguace nella fazione dei Guelfi Neri.
Non sappiamo quanto tempo muoia dopo il rapimento. La tradizione riporta che ella, appena rapita, preghi Dio di liberarla da quel matrimonio forzato; la preghiera verrebbe esaudita per un’improvvisa infermità, che in alcune versioni è descritta come un’orribile lebbra. La leggenda, già accolta dall’Ottimo (“E dicesi che la detta infermità e morte corporale la concedette Colui, ch’è datore di tutte le grazie, in ciò esaudendo i suoi devoti preghi”), e da Pietro (“Tamen fertur quod mortua est virgo et intacta a dicto eius viro, superveniente sibi febre in nuptiali die”), ne altera però il carattere e contrasta con il testo dantesco.
Nella commedia
Collocata nel primo cielo, quello della Luna, dove sono beati gli spiriti che non hanno portato a compimento i propri voti, Piccarda è la prima anima che Dante incontra nel Paradiso. La sua presenza nel Paradiso è annunciata dal fratello Forese (Purg. XXIV 10-15). Dolcissima, e imperfetta nella sua vita terrena, Piccarda realizza la pienezza del suo essere nell’abbandono alla volontà di Dio, nel riconoscimento della cui scelta infallibile consiste la perfetta felicità, come spiega allo stesso Dante.
Paradiso canto III 10-123