Francesca da Rimini
Biografia
Guido da Polenta, signore di Ravenna, nel 1275, dà in sposa la figlia Francesca di 15 anni a Giovanni (Gianciotto=Giovanni lo zoppo) Malatesta di Rimini, per sancire un’alleanza tra le due signorie romagnole, entrambe di parte guelfa. Il matrimonio è da mettere in relazione con l’aiuto prestato a Guido da Polenta da Malatesta e da suo figlio, che avrebbe partecipato di persona alla resa dei conti coi Traversari, di parte ghibellina, e alla presa di Ravenna. Una correlazione plausibile che ben si accorda con l’età (presunta) di Giovanni che, nel 1275. è poco più che trentenne. L’alleanza tra le due famiglie viene consolidata, nello stesso anno, dalle nozze tra Bernardino da Polenta, fratello di Francesca, e Maddalena Malatesti, sorellastra di Giovanni.
Di Francesca si sa solo che dà al marito una figlia (Concordia) e forse anche un figlio (Francesco); di Paolo che ha due figli. Non vi è traccia documentaria né della relazione adulterina né del fratricidio-uxoricidio. L’alleanza tra le due famiglie è così vantaggiosa per entrambe, che il fatto di sangue venne messo a tacere il più presto possibile. Non si sa per esempio dove sia accaduto realmente il duplice omicidio: alcune ipotesi indicano il Castello di Gradara, ma si tratta solo di congetture. Altre ipotesi parlano della Rocca di Castelnuovo presso Meldola. La morte di Paolo e Francesca, secondo gli studi più recenti, avviene tra il 1283 e il 1285, quando Gianciotto ha poco più di quarant’anni, Paolo tra i trentasette e i trentanove. E’ probabile che i due corpi vengano poi sepolti nel castello di Gradara.
Giovanni Boccaccio ne racconta la versione della storia che è, ad oggi, la più diffusa: Francesca si innamora di Paolo credendo sia lo sposo destinatole. La loro relazione dura sino alla sua scoperta e al duplice omicidio consumato “a Rimino”, nella “camera di madonna Francesca”, che così narra (Il comento alla Divina Commedia, lez. XIX e XX):
Di che Gianciotto fieramente turbato occultamente tornò a Rimini, e da questo cotale, avendo veduto Paolo entrare nella camera da madonna Francesca, fu in quel punto menato all’uscio della camera, nella quale non potendo entrare, ché serrata era dentro, chiamò di fuora la donna, e die’ di petto nell’uscio. Per che da madonna Francesca e da Paolo conosciuto, credendo Paolo per fuggire subitamente per una cateratta per la quale di quella camera si scendea in un’altra, o in tutto o in parte potere ricoprire il fallo suo; si gittò per quella cateratta, dicendo alla donna che gli andasse ad aprire. Ma non avvenne come avvisato avea, percioché gittandosi giù s’appiccò una falda d’un corsetto, il quale egli avea indosso, ad un ferro, il quale ad un legno di quella cateratta era; per che, avendo già la donna aperto a Gianciotto, credendosi ella, per lo non esservi trovato Paolo, scusare, ed entrato Gianciotto dentro, incontanente s’accorse Paolo esser ritenuto per la falda del corsetto, e con uno stocco in mano correndo là per ucciderlo, e la donna accorgendosene accioché quello non avvenisse, corse oltre presta, e misesi in mezzo tra Paolo e Gianciotto, il quale avea già alzato il braccio con lo stocco in mano, e tutto si gravava sopra il colpo: avvenne quello che egli non avrebbe voluto, cioè che prima passò lo stocco il petto della donna, che egli aggiugnesse a Paolo. Per lo quale accidente turbato Gianciotto, sì come colui che se medesimo amava la donna, ritirato lo stocco da capo ferì Paolo e ucciselo: e così amenduni lasciatigli morti, subitamente si partì e tornossi all’ufficio suo. Furono poi li due amanti con molte lacrime, la mattina seguente, seppelliti e in una medesima sepoltura.
Nella commedia
Il personaggio di Francesca incarna l’essere umano travolto dalla forza incontenibile della passione amorosa. Ella è, al tempo stesso, la narratrice, la donna cortese – colta e di educazione raffinata – che sa costruire una storia e valutare correttamente la qualità del suo interlocutore (Dante), Ipotesi recenti della critica indicano forti legami fra questo canto e la canzone La montanina, sì che Francesca rappresenterebbe la “voce al femminile” dello stesso Dante.
Inferno Canto V 73-142
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